Produrre un piccolo quadratino di silicio, contenente miliardi di transistor non è facile, e sono pochissime le aziende al mondo che hanno stabilimenti, o fonderie, che possono realizzare processori con tecniche all’avanguardia.
Produrre un processore non è difficile se i transistor sono pochi, ma è incredibilmente complesso se diventano miliardi.
Tutto parte dal silicio, che è il componente alla base dei transistor. Il silicio è un semiconduttore che può essere “drogato” con piccole impurità per essere trasformato da isolante a conduttore.
Non è un grosso problema reperire il silicio: è in assoluto tra i materiali più diffusi sul nostro pianeta dopo l’ossigeno. La sabbia delle spiagge ne contiene una percentuale altissima.
Il silicio per essere utilizzato deve essere purissimo, viene quindi fuso e trasformato in lingotti cilindrici. I lingotti poi vengono tagliati con un’affettatrice e vengono ricavati dischi sottili circa 1mm: sono i wafer, l’elemeno base dal quale poi si ritagliano tutti i chip.
Ora inizia il processo vero e proprio. Al termine della progettazione e del test di un chip, il produttore crea più di 50 maschere, che rappresentano una sorta di schema dei transistor e dei blocchi di un singolo processore.
Puoi immaginare la maschera come uno “stencil”, e viene costruita serigrafando un blocco di quarzo con strumenti ad altissima precisione. La maschera dovrà essere perfetta se no il processore non potrà funzionare.
Successivamente il wafer viene ricoperto da un materiale fotoresistente (ne basta una goccia molto piccola). Fotoresistente vuol dire che può essere impressionato se viene irradiato da una fonte di luce ultravioletta di una frequenza particolare.
Per ora non stiamo ancora creando i transistor, ma stiamo realizzando le zone dove poi verranno creati.
La fotolitografia è la fase più delicata in assoluto, perché richiede una precisione estrema. I produttori di macchine fotolitografiche e dei software usati per controllare sono quasi tutti europei ed americani, ed è questo il motivo che impedisce a Huawei, con il nuovo ban di far produrre processori a fonderie straniere.
Il wafer, prima di venir ricoperto dal materiale fotoresistente, viene portato ad alta temperatura in una fornace e questo processo genera un sottile strato di ossido di silicio a sua volta ricoperto dal materiale fotoresistente.
Terminata la fase di fotolitografia, il wafer viene immerso in una soluzione che rimuove tutte le parti della superficie dove il materiale fotoresistente è stato colpito dal fascio ultravioletto. Insieme al materiale fotoresistente viene rimosso anche lo strato di ossido di silicio, e si creano così delle cavità dove verranno poi creati miliardi di transistor.
I transistor sono collegati tra loro con una fitta rete di connessione disposta su più livelli, in pratica è un labirinto di metallo.
Come ultimo passaggio i chip vengono tagliati, impacchettati e verificati affinchè non presentino problemi di funzionamento: i chip difettosi vengono scartati, anche se i chip con qualche problema non vengono cestinati: un processore che avrebbe dovuto avere “n” core viene commercializzato con un numero di core inferiore se alcuni di essi non funzionano (prima di essere venduti vengono disattivati) o vengono indicati come senza GPU integrata se la sezione grafica presenta problemi.
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